Parte delle sfide legate al superamento dell’attuale pandemia risiedono nel monitoraggio e nell’analisi dei postumi di un caso di infezione dopo che è stato superato.
Sfruttando i sistemi di monitoraggio degli indicatori di salute offerti da smartwatch o braccialetti, un team di ricercatori ha proposto l’implementazione di questi dispositivi come strumento per monitorare i postumi di questa malattia.
Una scientifica articolo pubblicato nella rivista JAMA Network Open, propone l’uso di questi dispositivi per la registrazione e l’analisi dei dati sanitari associati a queste condizioni.
Nell’introduzione a tale pubblicazione si precisa che, ad oggi, danni cardiaci e altri tipi di disfunzione sono stati riconosciuti come sequele di infezione, con un ritardo fino a sei mesi. Tuttavia, si sottolinea che il loro impatto non è stato ancora quantificato.
Lo studio ha proposto l’uso di smartwatch per monitorare questi indicatori perché, oltre a facilitare la registrazione di informazioni su dati chiave come la frequenza cardiaca, la temperatura corporea o l’attività fisica di una persona, questo mezzo consente di confrontare tali informazioni con le precedenti di una persona. cartelle cliniche e quindi stabilire un profilo di proiezione più concreto sull’evoluzione e sugli effetti a lungo termine generati dopo aver sofferto di questa malattia.
Nello specifico, questa iniziativa mira a esaminare la durata dell’infezione e la variazione nel recupero tra i partecipanti positivi e negativi al COVID-19.
Con oltre 37.000 partecipanti alla prima fase di implementazione di questa iniziativa, i ricercatori dello Scripps Research Translational Institute di La Jolla, in California, hanno registrato i dati di questi pazienti tra il 25 marzo 2020 e il 24 gennaio 2021. I mezzi per integrare in questa iniziativa è stato il I miei datiAiuto un’applicazione, una piattaforma che, quando collegata a un Apple Watch, Fitbit o dispositivo simile, inizia a registrare le informazioni acquisite e apre anche un canale di segnalazione che consente ai pazienti partecipanti di notificare la comparsa di nuovi sintomi o risultati dei test.
Questo studio segue un’altra ricerca eseguita dallo stesso team, pubblicata nell’ottobre 2020 dalla rivista Natura, in cui si sottolineava che la combinazione delle segnalazioni autodichiarate con i dati registrati da questi dispositivi, consente di rilevare con maggiore precisione i casi di contagio.
Quanto presentato in quest’ultimo rapporto ha rivelato che la comparsa dei sintomi post-infezione, come affaticamento, confusione, ostruzione respiratoria, mal di testa, depressione, palpitazioni e dolore toracico, rispondono a uno schema che, una volta identificato, può generare linee guida più precise per combatterne gli effetti.